Ritorno al futuro: American’s dream

 

Mr. Sundar Pichai

Alcuni personaggi politici delle passate legislature nostalgici delle leggi razziali, potendo contare sulla credulità degli ignoranti, su uno stipendio da favola e una pensione assicurata, per continuare a farsi votare da una manica di depressi (come certificato dal Censis) e farci ritornare al Medioevo,  si sono inventati che sia in atto una sostituzione etnica nel nostro paese.

Per loro basterebbe essere italiani per assurgere a dignità morale e diventare dei geni, delle “eccellenze”: infatti i nostri migliori scienziati scappano all’estero per evitare i propri connazionali.

Chissà se questi politici segregazionisti, sarebbero capaci di fare il lavoro di Mr.  Sundar Pichai, il quale a 46 anni,  è diventato una delle figure più potenti della Silicon Valley grazie allo studio, al talento e a tanto lavoro.

Umanamente il passaggio dall’India agli Stati Uniti non deve essere stata proprio una passeggiata. Infatti non è che negli USA brillino per mancanza di razzismo. Eppure gli americani quando si tratta di affari, sono persone pratiche ed ignorano la parte retrograda della società, perché improduttiva.

Cresciuto a Chennai, in India, classe 1972,  Mr. Pichai racconta in un intervista di non aver mai avuto un computer tutto suo,  accesso ad Internet o ad un semplice telefono, fino a quando, laureatosi precocemente in ingegneria meccanica nel proprio paese,  non  è approdato negli Stati Uniti da immigrato con una borsa di studio alla Stanford University, dove ha conseguito un Master of Science.  Ha poi conseguito un MBA ( Master in Business Administration) presso la Wharton School of the University of Pennsylvania.

Lavora per Google dal 2004 ed ha fatto molte cose in azienda, dalla supervisione di Chrome, al responsabile del prodotto di Google e responsabile del sistema operativo Android. È diventato CEO nel 2015.

I co-fondatori di Google Larry Page e Sergey Brin hanno annunciato martedì scorso, che Mr. Pichai avrebbe assunto la carica di Ceo della società madre Alphabet (GOOGL) e Ceo di Google. “Sarà il dirigente responsabile e responsabile della guida di Google e della gestione degli investimenti di Alphabet nel nostro portafoglio di “Other Bets”, scrivono i fondatori in una lettera.

Pensateci bene: qui da noi, qualche brillante imprenditore nostrano, al massimo gli avrebbe offerto di mungere le vacche o di raccogliere i pomodori a 3 euro all’ora, invece di metterlo al tavolo delle trattative di Ilva o di Alitalia ad esempio. Perché noi,  che siamo bianchi e  italiani, siamo  “le eccellenze”  …

©l’Assenzia

La nave dei folli

Ma cosa succede nel mondo?

Sembra diventato un quadro di Hieronymus Bosch questa Terra.

Come in  uno strano complotto qualcuno ha sostituito i governanti seppur mediocri delle grandi nazioni,  con degli avidi,  autentici pazzi scatenati e ignoranti.

Un bifolco parvenue che scambia l’Amazzonia per un campo di patate e invita a dargli fuoco per seminare mais, governa una delle più grandi nazioni, il Brasile.

La Cina massacra allegramente i giovani di Hong Kong senza che nessuno dica beh. E intanto un’altro in Corea con un taglio di capelli fatto da un cubista triste e in crisi esistenziale minaccia di buttare l’Atomica sugli Usa e l’ altro bifolco presidente  americano,  lo va a trovare e invece di menargli lo bacia. Uno che governa il mondo col suo faccione paonazzo da mbriaco dalla finestra di Twitter e non contento  incasina il mercato internazionale  perché ha scambiato l’economia mondiale per gioco d’azzardo.

A coronamento del manicomio internazionale, ecco che un pusillanime ricattatore che dovrebbe marcire in galera per svariati reati penali tra cui il ricatto alla Germania, fa il capo del governo di milioni di turchi e massacra senza vergogna oppositori, giornalisti,  curdi e siriani, minacciandoci di aprire le frontiere se ci azzardiamo a fiatare.

E come mai l’Europa è così blanda nei suoi ammonimenti? E noi Europei come mai ci voltiamo dall’altra parte? Forse perché le armi al macellaio le abbiamo fornite noi?

Siamo forse diventati come quelli che sotto il nazismo, davanti al genocidio degli Ebrei chiudevano gli occhi e giuravano di non aver capito che morivano nei campi di concentramento?

E a casa nostra: davvero non vediamo gli extracomunitari e gli italiani stessi sfruttati e bullizzati indegnamente nei campi di pomodori o per le strade facendo i riders per pochi euro? E i mafiosi che ricattano e uccidono, gli spacciatori che seminano morte, davvero non li vediamo?

Ma cosa c’è successo: cosa c’è successo?

©l’Assenzia

 

Repetita iuvant

Pamela Lyndon Travers

Che cosa strana, avevo intitolato il post precedente “la pillola va giù” ed ora mi trovo a parlare proprio di chi ha reso famoso il brano a cui la frase si riferisce: Julie Andrews alias Mary Poppins.

Perché proprio nella giornata in cui tutti i media si occupavano del meritatissimo leone alla carriera che la grande Julie riceveva a Venezia, su ABC News facevano uno speciale piuttosto lungo sul sequel della Disney intitolato“Mary Poppins returns” dove recita anche Van Dike, indimenticabile spazzacamino coprotagonista di Mary. Il film è basato su “Mary Poppins Comes Back “secondo libro di Pamela Lyndon Travers, pervicace autrice  anche del primo romanzo da cui è tratto “Mary Poppins”, la quale ha avuto una vita altrettanto interessante come i suoi personaggi.

Inutile dire che la Andrews non ha partecipato al sequel e mi avrebbe meravigliato il contrario.

Non ho visto il film intero, ma devo dire che le scene viste non mi hanno trasmesso nessuna meraviglia, nemmeno i cartoni che accompagnavano gli attori. Mi ha emozionato forse rivedere Van Dike, che anche travestito da banchiere lasciava trasparire un’energia che bucava la scena come tutti i veri primi attori.

Ma ripeto, non ho visto tutto il film e tutto ciò che scrivo è il parere di qualcuno che certamente non si occupa professionalmente di cinema.

Eppure da spettatrice non mi vergogno a dire che ho visto l’originale forse 5 volte e tutte quante le volte non mi sono persa neanche un minuto del film.

Julie Andrews

La vera magia in Mary Poppins,  l’ha messa Julie Andrews, grandissima attrice, col suo personaggio folle ma centrato, che faceva apparire normale la surrealtà aprendo quell’ ombrello sotto cui tutti noi bambini, almeno per cinque minuti, avremmo voluto volare

©L’assenzia

E la pillola va giù

Ciascuno ha le proprie strategie per farsi notare nello spazio infinito in cui viviamo. I politici poi, sono diventati più popolari degli attori, e come loro, adottano varie strategie per essere sempre al centro dell’attenzione. Questo spiega gli umori dell’elettorato mondiale, che muta col sondaggio di turno.

Ho sempre visto il politico che si rende divisivo, come qualcuno che sceglie di essere l’avatar dell’elettore frustrato e ci marcia recitando la sua parte. Ci guadagnano tutti e due: l’elettore frustrato si sfoga e non si espone,  il suo avatar cavalca tempestivamente il suo malumore guadagnando consensi facili e vincendo così le elezioni.

Eppure questi politici, storicamente non sono belli come gli attori di Hollywood, non sono nemmeno convincenti come loro quando raccontano balle colossali, dicono “mai più ” sporgendo il faccione tondo dalla finestra di  youtube,  invocano la Madonna col rosario in mano come nelle sceneggiate napoletane e giurano in nome del popolo: eppure chi li vota è convinto che siano eroi, che solo loro li possano salvare. Da che cosa non è chiaro.

La paura indotta da campagne di stampa orchestrate ad arte da questo o quel talk show con “innocui” giornalisti che “si battono per la democrazia” tra una pausa pubblicitaria e l’altra, li consola. La paura indotta, che sappiamo essere una buona arma per convincere la gente a fare cose che non si sognerebbe mai di fare, come comprare dei farmaci contro il mal di testa anche se si sente benissimo, solo perché la pubblicità gli martella il cervello con suoni e volumi talmente invasivi da convincerla che quella è la soluzione.

Molte delle porcherie da cui questi “eroi”, davvero, ci dovrebbero salvare, vengono invece scovate e punite da altri eroi silenziosi, nelle aule dei tribunali. Come in Oklahoma dove due giorni fa, un gigante come la Johnson & Johnson è stato condannato da un giudice a pagare 572 milioni di dollari. Il giudice ha ritenuto l’azienda responsabile  della diffusione devastante di oppioidi dagli anni 90 con la conseguenza di aver massivamente contribuito a l’assuefazione da oppioidi ed alla morte di migliaia di persone in Oklahoma. Erano stati richiesti dalla procura 17 miliardi  in 30 anni per risarcire lo Stato dalle spese sostenute a livello sociale, per l’indotto creato dalla dipendenza da questi farmaci.

Il Washington Post, parla di oltre 400.000 cittadini americani morti dal “99 ad oggi, per overdose da calmanti e antidolorifici, eroina e fentanyl illegale veicolati e prodotti attraverso delle sussidiarie come la Janssen Pharmaceutical sotto forma di cerotti e pillole antipanico . Anche nella nostra penisola si abusa degli antidolorifici ma qui si calano le brache davanti ai Benetton che fanno crollare un ponte per manifesta incuria, figurati se fanno causa a questi criminali.

Il numero di ricette di oppioidi dispensate dalle farmacie viaggiava al ritmo di 479 ogni ora nel 2017. Nella sentenza si fa riferimento ad almeno 6000 morti in Oklahoma dal 2000, per overdose da psicofarmaci e antidolorifici a base di oppioidi, prescritti indiscriminatamente anche a bambini. Una vergogna che so per esperienza personale, essersi propagata anche da noi.

Il mio parere è che questo, è uno di quei casi in cui l’America avrebbe potuto dimostrare di essere un grande paese . Peccato che l’unica arma che hanno i suoi cittadini sia quella di  comminare delle multe risibili, non potendo mandare gli assassini in galera, lasciandoli liberi di esercitare il loro porco mestiere  per almeno altri cento anni ancora.

Semper vostra

©l’Assenzia

Le parole che mi porto dentro.

Un giorno come tutti gli altri ti alzi quasi rantolando, vai in bagno e passi davanti al solito specchio; poi torni indietro perplessa e ti riguardi, come se quello specchio non lo avessi messo tu, ma qualcun altro. Eppure devi essere proprio tu quella lì dentro, quella di ieri sera. E mettendoti quasi di profilo puoi vedere la pelle del tuo viso che ricade sotto le mascelle ad ingrassare il collo. Ma quella faccia lì, dove l’hai vista? Ma certo, era la faccia di tua madre che guardavi quando avevi 15 anni. Cerchi di ricordare l’altra faccia che avevi in quel periodo di inconsapevole felicità, quando vagabondavi per il mondo divertendoti e lui si divertiva insieme a te. Noti quello che il tempo e le cattive parrucchiere hanno fatto ai  tuoi capelli, e come un lampo sull’acqua (avrebbe detto Francesca) uno sguardo amaro sfugge dai tuoi occhi.

Il mondo ti lascia girare attorno a sé fino a quando non ti fa cadere in quell’altro mondo, quello reale, quello fatto di scadenze e lavoro meccanico; un vortice di dozzinalità, che ti anestetizza fino alla menopausa. Quando ti fermi per qualche motivo, ti accorgi che il panorama è cambiato, gli amici spariti, la tv parla un’altra lingua, i tuoi vicini ti chiamano signora e ti è venuta la pancia. Nello specchio non ci sei più  tu, ma quell’altra, quella che non conoscevi, che è arrivata in silenzio, ha appeso il suo specchio in casa tua e non si è nemmeno presentata. E quella ragazza che eri, fugge con le sue valigie, i pantaloni a campana e i suoi cappelli, per entrare dentro una scatola di lettere degli anni 70 a inseguire la sua identità smarrita in un  cassetto di un qualche vecchio amore.

Ed è proprio quando i giorni ti sembrano tutti uguali  che passano terribilmente in fretta. Quando capisci che stanno per finire …  e li vorresti fermare e riportare indietro, nasconderli in qualche altro posto …

E intanto, il tempo è passato sulla nostra vita come fa il vento, quando passa sulla sabbia.

©L’Assenzia

La guerra dei maschi contesi tra venditori di lamette e spacciatori di orologi

Il fatterello:

Qualche mese fa la discussione era già partita su alcuni giornali nostrani anche se in fondo riguardava più gli americani: si parlava dello spot  Gillette, la nota marca di lamette ed altri prodotti per barbuti supermachi pentiti. Citando Engage.it,  La pubblicità di Gillette verrà lanciata in tv durante il Super Bowl 2019 , ma su internet aveva superato già i 4milioni di visualizzazioni. Uno spot anche apprezzabile per i contenuti sociali.

Insomma, a un certo punto della nostra vita esce questo Adv firmato GREY (un’agenzia pubblicitaria furbacchiona di NY che festeggia i 100 anni di carriera, mica bruscolini) per conto della P&G, la scaltrissima Procter and Gamble che vende dai saponi per pavimenti a quelli da barba. Il video sulla scia del “me too”,  redarguisce il machismo tossico e mostra schemi di comportamento da parte di maschi “politicamente corretti” da adottare verso i propri figli senza rinunciare alla propria virilità. E su Internet si scatena l’inferno della battaglia dei like e dislike che ci rivela un mondo di uomini fobici che odiano le donne, che quasi sempre nelle affermazioni dei dislike si dimostra razzista e omofobo accusando lo spot di “femminismo”.

Insomma: toccategli tutto (si fa per dire…) ma non le lamette! Continua a leggere La guerra dei maschi contesi tra venditori di lamette e spacciatori di orologi

Il caffè di notte

Certe volte di sera, si esce cercando qualcosa e si torna a casa all’alba senza averla trovata, con quella stanchezza amara  che non si riesce a domare nemmeno con l’alcool.

Sì: il caffè di notte sembra un posto dove le anime cercano un passaggio facile per il paese della felicità e in definitiva cercano “la Notte”

Vi si trova di tutto , in tutti i sensi… Si parla di tutto e si cambia opinione più volte a seconda di quante birre si è riusciti a bere.

Tra bevitori accade qualche volta che ci si mimetizza e si riesce persino ad assomigliare  a ciò che si vuole.

Alcuni scappano da una casa troppo triste e vogliono  evadere dalla quotidianità. Ci sono ragazzi che lo trasformano in un palcoscenico per ridere forte e farsi notare, ubriacandosi di speranza.

Ci sono quelli che passano  la serata muti fissando il tavolo,  un po’ come i bevitori di assenzio di Degas.

Ma tutti dal caffè di notte ci siamo passati e ci passiamo ancora volentieri, magari solo per prendere una pausa dalla banalità. E quando arriva l’ora di andare, guadagnamo l’uscita a malincuore come quando diciamo addio ad una possibilità, che seppure remota,  provoca sempre un po’ di batticuore come  una piccola  speranza segreta .

L’Assenzia

Salva

Salva

Salva

Salva

Essere e non essere nella società dell’immagine.

 

Quanti invisibili in questa società dell’immagine!

(voglio parlare anche di Michele)


 I “selfie” sono dei paradossi indicativi delle ultime  generazioni mondiali divenute invisibili,  che con un disperato tentativo di auto-promozione, al fine di  dimostrare la propria esistenza, fanno vendere e ingrassare le multinazionali dell’elettronica e della telefonia che oramai, facendo leva sulla vanità della gente, gareggiano con quelle della cosmesi e della moda. 
Su Internet molti ragazzi italiani hanno trovato un modo per contare qualcosa e mettere il proprio indirizzo nel globale. A qualcuno è andata davvero bene ad altri non si sa.

Le grosse aziende hanno invece trovato nuovi modi per evadere le tasse e farsi pubblicità a basso prezzo, sfruttando il talento dei giovani blogger ignorati dalla società e desiderosi di scrivere persino sulle unghie incarnite  pur di metter la firma sotto un’articolo  e l’icona della grossa azienda sulla loro pagina per diventare delle star in uno zic. Infatti in quel mondo  che una volta si chiamava Letteratura, c’è poca gente che legge e una moltitudine che scrive ogni santo giorno della qualunque roba.

Ma Internet o no, mica tutti nascono imprenditori o scrittori e specialmente a casa nostra,  ci sono anche quelli che devono procurarsi il cibo in altro modo e non ce la fanno a sopportare la disoccupazione, le porte chiuse in faccia e le umiliazioni, quelli come Michele che oramai non poteva permettersi  nemmeno più il lusso  di stare fermo a sperare. Se n’è andato e ce l’ha fatto sapere  in una lettera.

Era un ragazzo di 30anni, senza padrini nè padroni; arrabiato, tradito dal suo Paese e deluso da classi politiche di pagliacci di destra-centro e sinistra,  che tramandandosi il potere in famiglia e nel partito, da più di 30anni a questa parte derubano  il futuro dei ragazzi sbeffeggiati e umiliati da una società italiana che ha dimenticato la cultura e ha ristabilito i canoni medioevali del lavoratore-schiavo e delle clientele, cui non resta altro che emigrare.

Ovviamente si dirà che Michele era depresso, che non è così per tutti (per alcuni fortunati qualche santo che l’aiuta c’è) etc.etc. . C’è anche questa specie di movimento di sciuretti new age che nega l’evidenza e ti dice che se si parla troppo in negativo poi si porta sfiga e quindi le cose non cambiano mai e l’ignoranza e l’arroganza regnano sovrane anche su di loro che credono ancora nella favoletta americana dell'”approccio positivo” , meditano con musica precampionata , aspettano che gli crepi la zia o la nonna per ereditare   patrimoni grandi o modesti, e si passano ancora le mail con le catene di sant’Antonio sugli angeli come facevano le nostre vecchie coi santini e le madonne.

Caro Michele, mi sento anch’io responsabile perchè non avrei saputo cosa dirti, se non che gli ingenui come me che hanno creduto che i valori come il lavoro e la cultura ci avrebbero portato lontano,  hanno scoperto con orrore che  il loro amico o vicino di banco, una volta fuori dall’adolescenza o dalla festa dove si è passata la serata, ci chiama fessi alle spalle, che è diventato un razzista e che la nostra storia personale  non ha cambiato di una virgola la società i cui mattoni sono lo sfruttamento dei più indifesi . Pensa che a  Milano si discriminano  ancora gli esseri umani come Terroni e si dribblano  per strada le migliaia di migranti che arrivano ogni giorno per non vederli. Al Sud per contro, li sfruttano fino all’ultima goccia di sudore e ci fanno business, onlus e premiazioni.  Incontro gente ( ma sarà di certo capitato anche  a Te) che con le sue chiacchere morte sulla grandezza dell’ amicizia fa delle belle messinscene al bar o su Facebook,  per poi tornare a covare l’uovo ciascuno sul proprio gradino della scala sociale.

Qualcuno ha detto che questo Paese non è un posto per giovani ed ha avuto ragione. Sicuramente non lo è per i nostri e nemmeno per quei poveretti appena arrivati.

Tu Michele ne sei stato la prova  vivente fino a quando hai potuto. Credo che il nostro sia rimasto semplicemente un paese di furbi, ingovernabile come diceva Andreotti, sempre più provinciale e, a giudicare dalla grandezza delle sue pattumiere e dal suo ministro del lavoro (a mio modesto parere), ai confini della civiltà.

L’Assenzia