Quanti invisibili in questa società dell’immagine!
(voglio parlare anche di Michele)
I “selfie” sono dei paradossi indicativi delle ultime generazioni mondiali divenute invisibili, che con un disperato tentativo di auto-promozione, al fine di dimostrare la propria esistenza, fanno vendere e ingrassare le multinazionali dell’elettronica e della telefonia che oramai, facendo leva sulla vanità della gente, gareggiano con quelle della cosmesi e della moda. Su Internet molti ragazzi italiani hanno trovato un modo per contare qualcosa e mettere il proprio indirizzo nel globale. A qualcuno è andata davvero bene ad altri non si sa.
Le grosse aziende hanno invece trovato nuovi modi per evadere le tasse e farsi pubblicità a basso prezzo, sfruttando il talento dei giovani blogger ignorati dalla società e desiderosi di scrivere persino sulle unghie incarnite pur di metter la firma sotto un’articolo e l’icona della grossa azienda sulla loro pagina per diventare delle star in uno zic. Infatti in quel mondo che una volta si chiamava Letteratura, c’è poca gente che legge e una moltitudine che scrive ogni santo giorno della qualunque roba.
Ma Internet o no, mica tutti nascono imprenditori o scrittori e specialmente a casa nostra, ci sono anche quelli che devono procurarsi il cibo in altro modo e non ce la fanno a sopportare la disoccupazione, le porte chiuse in faccia e le umiliazioni, quelli come Michele che oramai non poteva permettersi nemmeno più il lusso di stare fermo a sperare. Se n’è andato e ce l’ha fatto sapere in una lettera.
Era un ragazzo di 30anni, senza padrini nè padroni; arrabiato, tradito dal suo Paese e deluso da classi politiche di pagliacci di destra-centro e sinistra, che tramandandosi il potere in famiglia e nel partito, da più di 30anni a questa parte derubano il futuro dei ragazzi sbeffeggiati e umiliati da una società italiana che ha dimenticato la cultura e ha ristabilito i canoni medioevali del lavoratore-schiavo e delle clientele, cui non resta altro che emigrare.
Ovviamente si dirà che Michele era depresso, che non è così per tutti (per alcuni fortunati qualche santo che l’aiuta c’è) etc.etc. . C’è anche questa specie di movimento di sciuretti new age che nega l’evidenza e ti dice che se si parla troppo in negativo poi si porta sfiga e quindi le cose non cambiano mai e l’ignoranza e l’arroganza regnano sovrane anche su di loro che credono ancora nella favoletta americana dell'”approccio positivo” , meditano con musica precampionata , aspettano che gli crepi la zia o la nonna per ereditare patrimoni grandi o modesti, e si passano ancora le mail con le catene di sant’Antonio sugli angeli come facevano le nostre vecchie coi santini e le madonne.
Caro Michele, mi sento anch’io responsabile perchè non avrei saputo cosa dirti, se non che gli ingenui come me che hanno creduto che i valori come il lavoro e la cultura ci avrebbero portato lontano, hanno scoperto con orrore che il loro amico o vicino di banco, una volta fuori dall’adolescenza o dalla festa dove si è passata la serata, ci chiama fessi alle spalle, che è diventato un razzista e che la nostra storia personale non ha cambiato di una virgola la società i cui mattoni sono lo sfruttamento dei più indifesi . Pensa che a Milano si discriminano ancora gli esseri umani come Terroni e si dribblano per strada le migliaia di migranti che arrivano ogni giorno per non vederli. Al Sud per contro, li sfruttano fino all’ultima goccia di sudore e ci fanno business, onlus e premiazioni. Incontro gente ( ma sarà di certo capitato anche a Te) che con le sue chiacchere morte sulla grandezza dell’ amicizia fa delle belle messinscene al bar o su Facebook, per poi tornare a covare l’uovo ciascuno sul proprio gradino della scala sociale.
Qualcuno ha detto che questo Paese non è un posto per giovani ed ha avuto ragione. Sicuramente non lo è per i nostri e nemmeno per quei poveretti appena arrivati.
Tu Michele ne sei stato la prova vivente fino a quando hai potuto. Credo che il nostro sia rimasto semplicemente un paese di furbi, ingovernabile come diceva Andreotti, sempre più provinciale e, a giudicare dalla grandezza delle sue pattumiere e dal suo ministro del lavoro (a mio modesto parere), ai confini della civiltà.
L’Assenzia