Le parole che mi porto dentro.

Un giorno come tutti gli altri ti alzi quasi rantolando, vai in bagno e passi davanti al solito specchio; poi torni indietro perplessa e ti riguardi, come se quello specchio non lo avessi messo tu, ma qualcun altro. Eppure devi essere proprio tu quella lì dentro, quella di ieri sera. E mettendoti quasi di profilo puoi vedere la pelle del tuo viso che ricade sotto le mascelle ad ingrassare il collo. Ma quella faccia lì, dove l’hai vista? Ma certo, era la faccia di tua madre che guardavi quando avevi 15 anni. Cerchi di ricordare l’altra faccia che avevi in quel periodo di inconsapevole felicità, quando vagabondavi per il mondo divertendoti e lui si divertiva insieme a te. Noti quello che il tempo e le cattive parrucchiere hanno fatto ai  tuoi capelli, e come un lampo sull’acqua (avrebbe detto Francesca) uno sguardo amaro sfugge dai tuoi occhi.

Il mondo ti lascia girare attorno a sé fino a quando non ti fa cadere in quell’altro mondo, quello reale, quello fatto di scadenze e lavoro meccanico; un vortice di dozzinalità, che ti anestetizza fino alla menopausa. Quando ti fermi per qualche motivo, ti accorgi che il panorama è cambiato, gli amici spariti, la tv parla un’altra lingua, i tuoi vicini ti chiamano signora e ti è venuta la pancia. Nello specchio non ci sei più  tu, ma quell’altra, quella che non conoscevi, che è arrivata in silenzio, ha appeso il suo specchio in casa tua e non si è nemmeno presentata. E quella ragazza che eri, fugge con le sue valigie, i pantaloni a campana e i suoi cappelli, per entrare dentro una scatola di lettere degli anni 70 a inseguire la sua identità smarrita in un  cassetto di un qualche vecchio amore.

Ed è proprio quando i giorni ti sembrano tutti uguali  che passano terribilmente in fretta. Quando capisci che stanno per finire …  e li vorresti fermare e riportare indietro, nasconderli in qualche altro posto …

E intanto, il tempo è passato sulla nostra vita come fa il vento, quando passa sulla sabbia.

©L’Assenzia

Lascia un commento